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Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”. Buona lettura!

«È sotto i ferri. Si è rotta il femore e i medici hanno deciso di sottoporla ad un piccolo intervento per ridurre la frattura. Per rendere più veloce la guarigione, hanno detto. Non ti preoccupare. Era lucida e cosciente. Non voleva nemmeno che ti chiamassi!»
Attendemmo per più di mezz’ora, poi, finalmente, un medico venne a darci notizie.
«Tutto benissimo. La frattura è stata ridotta notevolmente. Abbiamo applicato una doccia gessata. Non ci dovrebbero essere problemi, ma la convalescenza si preannuncia piuttosto lunga. Almeno una quarantina di giorni. Comunque sia, dovrà restare qui in ospedale ancora per qualche giorno, in maniera tale da accertare che non si presentino complicazioni postoperatorie.»
«Possiamo vederla?»
«Una persona alla volta. E solo per pochi minuti. È ancora intontita dall’anestesia. Venite.»
Non li seguii. Preoccupati com’erano, neppure se ne accorsero. Passai i minuti seguenti a pensare ai medici d’ospedale, alle loro facce di circostanza. Dubito fortemente che provino realmente il dolore o la preoccupazione che vogliono dimostrare. In fondo, la morte vive al loro fianco e non è raro che s’impadronisca di qualche loro paziente. Se veramente stessero male per ogni dipartita, non potrebbero affrontare il loro lavoro al meglio, rischiando, cioè, la vita di chi si affida loro nel tentativo estremo di preservarla. No, sicuramente sanno come farsela scivolare addosso, pronti a ripartire, pronti a ricominciare. Un po’ come faccio io.
«Mi dispiace veramente!»
Andando verso il condominio nel quale, al terzo piano, si trovava l’appartamento dei suoi nonni, mi mise al corrente della sua decisione di non partire per l’Inghilterra.
«So che i tuoi hanno già versato gran parte dei soldi, ma proprio non me la sento di lasciare mio nonno qui, da solo! Non sa fare assolutamente niente, in casa e poi, bisognerà anche pensare a mia nonna. In ospedale è seguita, ma tra pochi giorni dovrebbe uscire e allora…»
Rimasi impassibile.
«Ti dispiace?»
Prolungai per qualche secondo il mio silenzio.
«Non più di tanto. Io odio gli aerei.»

© Roberto Grenna – Riproduzione vietata

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