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Ecco qualche altra pagina del romanzo “Il fiume”. Buona lettura!

«Beh, io credo che l’amore, quello vero, quello con la “a” maiuscola, non possa finire mai. È qualcosa che si porta anche oltre il distacco, che colma le distanze fisiche. Non so come la pensi tu, ma io credo che ogni persona possa innamorarsi veramente una volta sola.»
Forse è proprio così. Forse mi sono innamorato una volta sola. Forse, come mio solito, me ne sono accorto troppo tardi. Anzi, sicuramente. Mi accesi una sigaretta.
«Comunque sia, rimango della mia idea.»
Quelle sue osservazioni sui sentimenti avevano il potere di farmi piombare in uno stato di frustrazione totale, che veniva rispecchiato puntualmente da una totale scontrosità nei suoi confronti. Spesso, una volta accomiatatomi da lei, prendevo la via del cimitero. Avevo, sì, diradato le mie visite, ma non riuscivo, comunque, a distaccarmi da quella parte così importante del mio passato. Così importante da continuare a considerarla “il” mio passato. Elena era il passato, Mara, nonostante tutto, il presente e il futuro. Anche se, stupidamente, vedevo in lei solo il presente.
«In fondo, il presente non esiste. Pensaci bene: quando dici “adesso”, è già passato. È come se vivessimo in un eterno futuro.»
«Certo che ne hai, di fantasia!»
«Guarda che non sono mica l’unica a pensarlo. Pensa che alle superiori, durante le ore di filosofia, abbiamo discusso di questo argomento per oltre un mese, senza riuscire ad essere tutti d’accordo!»
«E dire che ho sempre visto il presente come un modo per giustificare il fatto che siamo vivi!»
«Cosa intendi, scusa?»
«Beh, come fai ad accorgerti che sei viva? Da quello che stai facendo, dalle azioni che compi, una dietro l’altra, a formare una catena invisibile che ti accompagna attraverso gli avvenimenti.»
Le piaceva molto filosofeggiare con me su questo o quell’argomento. Sapeva come guidare le discussioni di quel tipo, come portarmi a trarre, talvolta, le sue stesse conclusioni, pur partendo da basi molto diverse. Quella volta le andò male, anche se ora, riflettendoci, non mi sento di darle torto.
«È il presente che crea il tuo passato, che ti può far sentire forte oppure inerme, che ti permette di gettare le basi per il “dopo”. Il presente è l’unica cosa che ci resta del tempo che trascorriamo su questa terra. C’è perché esistiamo e lo viviamo. Anche se spesso non lo capiamo.»
«Allora il passato non vuole dire niente, secondo te?»
«Non ho assolutamente detto questo. Ho detto che è il presente a creare il passato, anche se, in verità, il primo è fortemente influenzato dal secondo. Specie quando, contrariamente al suo destino, esso resta vivo e indelebile. Il passato, talvolta, si trasforma in una sorta di marchio che ognuno di noi si porta dietro per il resto dei suoi giorni. Specialmente quando è la somma di una serie di sbagli.»
«Può anche darsi, ma non è nemmeno giusto che una persona viva condizionata dai suoi errori precedenti.»
«Il problema è che sono le prime cose a balzare all’occhio. Pensa alle discussioni: cominciano per i motivi più banali e proseguono sempre sulla stessa strada, citando, cioè, questo o quel torto subito, questo o quello sbaglio.»

© Roberto Grenna – Riproduzione vietata

One Reply to “Ancora da “Il fiume” (49)”

  1. Riflessione che mi tocca molto da vicino in questo periodo, cerco sempre di non guardare mai nel passato ma è difficile… Buona giornata!!!!

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