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Questo è un romanzo che ho cominciato a stendere alla fine del 2016. È una sorta di autobiografia scritta da un personaggio che ama ciò che fa e desidera farlo sempre meglio. Peccato che “ciò che fa” è uccidere. Anche – per lui soprattutto – per soddisfare un bisogno primario. Graditi commenti in merito all’opportunità di proseguire con la storia.

Auto-prefazione

Sono nato. Non importa dove, non importa quando.

L’importante è che sia nato.

Ho un lavoro, una famiglia, una posizione che si potrebbe definire “agiata”, “di prestigio”, “invidiabile”, sotto certi aspetti. Ho avuto successo in tutte le attività che ho intrapreso. Ho sempre avuto l’appoggio delle persone di famiglia e non solo. Ho goduto, e sto continuando a godere, dei frutti di tutte queste situazioni favorevoli.

Ho un nome e un cognome che, per tutti coloro che mi conoscono, è garanzia di serietà e affidabilità.

E sono un vampiro.

Non immaginatevi canini prominenti, sguardo magnetico, pelle eburnea, vestito elegante – oddio, quello, per lavoro, spesso lo metto – capelli impomatati, mantello e pipistrelli al seguito. Sareste molto fuori strada.

Sono un vampiro a cavallo tra il ventesimo e il ventunesimo secolo, tra il secondo e il terzo millennio, e vivo in maniera adeguata al momento. No, non dormo nemmeno in una bara. Ho un comodo letto da tre piazze, fatto su misura, che divido con la donna che dieci anni fa è diventata mia moglie. E che non sa nulla del mio vampirismo. O, almeno, lo spero…

Ho un lavoro che mi porta a viaggiare molto e ad “esercitare” in parecchi Paesi del mondo. Diciamo che sono un amante della cucina etnica, in un certo modo. Il sangue non ha sempre lo stesso gusto. Cambia a seconda dello stato di salute, dell’alimentazione, dell’etnia. Dell’ambiente, per certi versi, nel quale la persona vive. Non sono a livello di un sommelier di vini, ma da un sorso di sangue posso capire molte cose. E, se del caso, astenermi dal consumarlo.

La parte insieme più avvilente e più eccitante del mio essere vampiro? Procurarmi il cibo. Sono costretto ad approvvigionarmi alla fonte, con metodi poco ortodossi e che qualcuno collocherà sicuramente sotto la voce “crimini”. E temo sia proprio così, anche se la mia coscienza mi lascia dormire molto tranquillo.

Io bevo esclusivamente il sangue della feccia, delle merde umane in grado solo di esercitare con la violenza e la costrizione le loro perversioni. Sono, a mio modo di vedere, un vampiro benefattore. Ah, già! Oggi ci chiamano “serial killer”. Per me, forse, sarebbe meglio “serial eater”. Oppure, “serial drinker”. O anche, “serial vampire”.

Insomma: sono un vampiro. E un serial killer.

Sì. Sono un serial killer. Uno di quelli che, nell’immaginario popolare, vengono definiti “mostri”. Uno di quelli che riempiono le cronache nere dei giornali e a cui le Forze dell’Ordine danno la caccia sette su sette, acca ventiquattro.

Sono anomalo, nel mio essere omicida seriale. Non ho mai seviziato animali. Non ho mai fatto pipì a letto. Non ho mai dato fuoco a niente. Non ho nemmeno mai alzato le mani per picchiare qualcuno. Ho sempre risolto tutto, proprio tutto, con la dialettica e il buon senso.

Ma sono, comunque, un serial killer. E un vampiro.

E adoro far soffrire le mie vittime, prima di ucciderle. Adoro sentire le loro preghiere. Adoro vedere fin dove si spingano, con le loro offerte, per aver salva la vita. Adoro leggere il terrore nei loro occhi, quando la fine si avvicina. Sono fatto così. Mi accontento di piccole cose!

In fondo, è un passatempo come un altro. C’è chi fa sport. C’è chi viaggia. Chi legge. Chi va a pesca. Chi va a caccia. Forse, anche io sono un cacciatore. Di esseri umani. O inumani. Dipende. Sicuramente, di sangue.

Quanti ne ho uccisi fino ad ora? Trentasette. In tredici anni di “carriera”. E ho in programma di arrivare a trentotto prima della fine dell’anno. Ma con calma. Non è una gara. Deve continuare a essere un piacere. Altrimenti, non ne vale la pena.

Sono assolutamente convinto di essere una persona come le altre. Anzi, in molte cose meglio degli altri. Faccio volontariato. Non nego mai il mio aiuto a chi ne ha bisogno. Cerco di essere un buon marito, un buon padre, un buon collega di lavoro. Cerco di essere impeccabile in ciò che faccio.

Ma sono un vampiro e un serial killer. E anche lì, a dire il vero, cerco di essere impeccabile. E, forse, lo sono stato, visto che non mi hanno ancora preso… anzi, a dire il vero, non hanno nemmeno ancora trovato buona parte dei trentasette cadaveri.

Di fatto, come serial killer, non esisto. Che tristezza! Nessuno che possa capire, vedere, valutare il mio impegno, la mia bravura! Nessuno che ipotizzi fantasiose teorie su vittime collegate tra loro da chissà quale misterioso filo! Nessuno che mi renda merito per ciò che faccio. Nessuno che mi dia la caccia, che indaghi su di me, che mi pedini. Ripeto, che tristezza!

Da almeno quattro-cinque vittime a questa parte sto considerando l’idea di scrivere in relazione a questa mia esperienza. Visto che nessuno mi pubblicizza, lo farò da solo. Visto che nessuno si fa domande su di me, fornirò le risposte di mia iniziativa. Ma, soprattutto, avrò il sacro piacere di ripercorrere – e di fissare per sempre – parte di ciò che è ben vivo nella mia memoria e che, quando sto per addormentarmi, si frammenta a mo’ di filmino e mi fa chiudere gli occhi col sorriso sulle labbra.

Sì, sono un vampiro. Sì, sono un serial killer. E sono fiero di esserlo.

© Roberto Grenna – Riproduzione vietata

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