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Sono sempre più convinto di essere fuori posto. Non a caso, una delle mie canzoni preferite è “Non è tempo per noi”, di Ligabue. Avevo diciassette anni quando scoprii questo cantante che aveva appena pubblicato il primo disco di una serie che sta diventando infinita. Avevo diciassette anni e una vita completamente diversa da quella che ho ora. Studiavo Informatica all’I.T.I.S., cazzeggiavo nei fine settimana, facevo finta di giocare a calcio negli amatori, al paesello, non avevo la più pallida idea di cosa avrei fatto poi.

Ho in mente un’immagine nitida di una sera, in macchina, mentre tornavamo a casa (con mio papà che guidava, chiaramente) e con le note di quella canzone che riempivano l’aria dell’abitacolo. Ricordo che dissi: “Ascoltala bene, papà. Questa è la nostra canzone.”.

Quel “nostra” voleva dire condivisione, non proprietà. Voleva significare la differenza – che io da sempre ho percepito – di comportamento da parte dei miei genitori rispetto al resto del mondo. Voleva raccontare la convinzione che “troppo ingenui o testardi, poco furbi caso mai” fosse un po’ una regola di vita, Una regola di vita che già era mia e si è radicata nel corso degli anni così bene da non essere in grado di strapparla più. Un esempio che ho seguito quasi senza accorgermene e che giorno dopo giorno s’è impossessato della mia essenza più intima, del mio io, della mia anima.

“Non sono capace a comportarmi in maniera diversa.”, mi trovo spesso a dire con le – poche, in verità – persone che cercano di conoscermi un po’ meglio (a loro rischio e pericolo chiaramente!). Ed è vero. Se mi comportassi diversamente da come ho sempre fatto, anteponendo me stesso al bene degli altri, non farei altro che uccidere una persona e farne nascere un’altra. Non farei altro che tradire tutto quanto mi è stato insegnato con l’esempio prima che con le parole. Non farei nient’altro che deludere quelle – ancor minori in numero – persone che si fidano di me e che a modo loro mi amano. Non farei nient’altro che porre fine alla mia esistenza per lasciare spazio a qualcosa che, al momento, non saprei nemmeno come definire.

E così continuo a essere uno tra i “troppo ingenui e testardi, poco furbi caso mai” che girano ancora in questo mondo malato di protagonismo, apparenza ed egoismo. Sono sempre meno, ma ci sono ancora. Fino a quando non saranno definitivamente sconfitti e si accorgeranno con amarezza di quanto tutto sia stato inutile…

One Reply to “Della vita, del lavoro e di altre cose serie”

  1. Le riflessioni e le poesie svelano al lettore le fatiche, le delusioni, le speranze, la tenacia di un uomo che ogni giorno rinnova la capacità di mantenere fede ai suoi propositi, malgrado le criticità della realtà, malgrado un travaglio interiore che cela agli altri dietro ad un sorriso, una battuta, una stretta di mano calorosa. Oltre il Dirigente scolastico e lo scrittore, c’è una bella e rara persona,

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