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Brynhild Paulsdatter Storset nacque l’11 novembre 1859. Fin dalla più giovane età lavorò nella fattoria di famiglia: portava a pascolare le pecore, preparava il formaggio e si adattava anche alle mansioni più faticose, aiutata da un fisico importante (più di un metro e ottanta di altezza per una novantina di chili di peso).
A ventitré anni la emigrò negli Stati Uniti, cambiando il proprio nome in Belle e cominciando a lavorare come cameriera. Conobbe un connazionale, Mads Albert Sorensen, che sposò nel 1884. Dalla relazione nacquero quattro figli: Caroline, Axel, Myrtle e Lucy. Caroline e Axel morirono neonati. Su entrambi i bambini erano state accese polizze assicurative.
La coppia raccolse anche i soldi pagati dalle assicurazioni per gli incendi che distrussero un negozio e la loro casa, utilizzandoli per acquistare una nuova abitazione.
Oltre ai due figli rimasti, la Storeset era anche affidataria di un’altra ragazza, identificata come Morgan Couch, ma che si faceva chiamare Jennie Olsen.
Mads Albert Sorensen morì nel 1900, dopo aver stipulato ben due assicurazioni sulla vita. Al medico legale la morte sembrò causata da un avvelenamento da stricnina. La vedova dichiarò di aver dato al marito una medicina per curarlo e il medico dell’uomo confermò la versione, facendo così cadere i dubbi di omicidio.
Con l’ingente cifra percepita dalle assicurazioni la donna acquistò una fattoria a LaPorte. In quel periodo conobbe un vedovo di origine norvegese, Peter Gunness, che sposò nel 1902. Pochi giorni dopo il matrimonio, una figlia dell’uomo morì mentre era da sola con Belle, seguita dall’uomo, nel dicembre dello stesso anno a causa di un incidente che risultò sospetto.
Nonostante l’impegno profuso dagli inquirenti nelle indagini, la donna – che prima del tragico evento era rimasta incinta e che partorì nel maggio del 1903 – riuscì a convincerli della sua estraneità e, ancora una volta, passò all’incasso della polizza stipulata dal marito.
La proprietà dei Gunness divenne per anni teatro di strane sparizioni: dal 1906 non si ebbero più notizie di Jennie Olsen, mandata – a detta della madre adottiva – a imparare le buone maniere. Negli anni successivi, invece, sparirono senza più lasciar traccia alcuni braccianti che erano stati via via assunti da Belle per aiutarla con i lavori della fattoria: Eric Gurhold e Olaf Lindblom sparirono dalla circolazione, oltre ad alcuni uomini che si erano presentati a Belle in vista di un possibile matrimonio.
Nel 1907 fu assunto alla fattoria Ray Lamphere, che divenne il tuttofare della Gunness, nonché suo amante. L’uomo cominciò a ingelosirsi dal via-vai di pretendenti che animò la proprietà nei mesi successivi.
Sparirono nell’ordine: John Moe, giunto per lei con mille dollari dal Minnesota e spacciato come cugino, Ole Budsberg e Andrew Helgelien, che avevano portato in dote diverse migliaia di dollari, dei quali si persero le tracce tra l’aprile del 1907 e il febbraio dell’anno successivo.
Si salvò, invece, George Anderson, che la prima notte nella quale fu ospite della fattoria si svegliò di colpo e vide Belle in piedi su di lui, che lo fissava con un’espressione sul suo viso sinistra e omicida. Fuggì terrorizzato.
Lamphere ebbe una crisi di gelosia che lo portò a fare apertamente una scenata alla sua amante, la quale lo licenziò il 3 febbraio 1908; l’uomo continuava a ronzare intorno alla fattoria, così che la Gunness lo denunciò alle autorità e a un avvocato di LaPorte, dicendo di temere per la sua vita e quella dei suoi figli, poiché il tuttofare aveva minacciato di ucciderla e di bruciare la casa. Il 28 aprile dello stesso anno, quasi a confermare le sue parole, l’intera proprietà andò a fuoco, rimanendo completamente distrutta.
Nel seminterrato furono ritrovati quattro cadaveri: tre di bambini e uno di una donna, mancante del cranio; si pensò che i corpi appartenessero a Belle e ai suoi figli. Fu arrestato Lamphere, ma l’uomo si dichiarò da subito estraneo ai fatti. Nei mesi successivi gli investigatori cominciarono a ritrovare all’interno della fattoria i resti di altri corpi: alcuni erano smembrati, infilati in sacchi di iuta e cosparsi di soda caustica, altri già ridotti a scheletri. Furono ritrovati dodici morti e molti frammenti ossei. Furono identificati: Jennie Olsen, la figlia adottiva, Ole Budsberg, Thomas Lindboe, Henry Gurholdt, Olaf Svenherud, John Moe, Olaf Lindbloom, Benjamin Carling.
Ray Lamphere fu condannato a vent’anni per l’incendio doloso della fattoria, ma scagionato dall’accusa di omicidio. Prima di morire fece una confessione completa a un reverendo, raccontando tutto ciò che sapeva: la Gunness conquistava la fiducia delle vittime con lauti pasti e prestazioni sontuose a letto. Uccideva con la stricnina o a colpi d’ascia. La donna trovata vicino ai tre bambini, tutti e tre uccisi con la stricnina, era una sua vittima: adescata in un locale – probabilmente dietro promessa di un lavoro – era stata avvelenata e decapitata, con l’accortezza di lasciare vicino al cadavere la dentiera di Belle.
L’incendio fu opera di Lamphere, che la accompagnò a prendere il treno e ne perse, successivamente, le tracce.
Tra il 1908 e il 1935 furono molti gli avvistamenti della signora Gunness, in più parti degli Stati Uniti, alimentando una sorta di leggenda intorno a questa figura.

Per maggiori informazioni si può trovare gratuitamente qui “Dieci storie di avvelenatrici”.

Fonti:

M. Newton, Dizionario dei serial killer, Newton Compton Editori, Milano 2004.
https://it.wikipedia.org/wiki/Belle_Gunness
https://www.legendsofamerica.com/belle-gunness/

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