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Il CAPO IV (DISPOSIZIONI PENALI), SEZIONE I (SANZIONI) del D. Lgs 81/2008 (TESTO UNICO SULLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO), modificato da successivi aggiornamenti – anche più di uno all’anno – si apre con l’Articolo 55 – Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente.

Ciò significa che la sicurezza sul posto di lavoro è un argomento importante, capace di portare a conseguenze penali (sanzioni pecuniarie, ma anche carcere) per il Datore di lavoro o il Dirigente che difetti nell’attuazione delle misure identificate come necessarie da una ricognizione chiamata Analisi dei rischi, che porta alla compilazione di un documento denominato Documenti di Valutazione dei Rischi (DVR per gli amici).

Fin qui, tutto assolutamente regolare e più che legittimo: se il lavoratore si trova a dover operare in un contesto non idoneo a livello di sicurezza e si fa male – ma in alcune fattispecie non è nemmeno necessario che succeda, per fortuna – quel lazzarone del Datore di lavoro deve essere punito! Ricordo che, all’interno della Scuola, il Dirigente Scolastico ha compiti datoriali (come scrivevo in questo post), non avendo purtroppo tutti i mezzi che si potrebbero avere nel privato.

Provo a fornire un esempio sempre attuale – non influenzato dall’epidemia di SARS-CoV-2, su cui poi mi esprimerò successivamente – per cercare di far comprendere la situazione.

Supponiamo che la scuola abbia un giardino interno, utilizzato anche come luogo di sfogo durante l’intervallo. Supponiamo che in questo giardino sia ospite una pianta secolare un po’ malaticcia, con alti e possenti rami non esattamente sicuri e saldi nell’attacco al tronco. Supponiamo che il DS (come abbreviato nell’altro post) segnali la cosa più e più volte, chiaramente con un meccanismo tracciabile, all’Ente proprietario dei locali e del giardino, che per vari motivi (incapienza di fondi, altre priorità) non manda il personale in grado di risolvere il problema. Supponiamo che il DS decida anche di chiudere gli accessi al cortile, indicando chiaramente il caso di pericolo dovuto all’instabilità della pianta. Supponiamo ancora che un buontempone – docente o studente poco importa – esca dalla finestra, «Perché una boccata d’aria è un mio diritto e non può togliermela nessuno!», in una giornata ventosa e, prima che qualcuno possa intervenire, rimanga schiacciato da un grande ramo che si stacchi dalla pianta. Non importa quanto si sia fatto male. Nonostante tutto (invito a intervenire per mettere a posto la situazione, divieto di uscire in cortile, ecc.) la denuncia penale nei confronti del DS, in quanto Datore di lavoro e responsabile della Scuola, è inevitabile e, per lo più, atto dovuto. Non significa condanna, certo, ma con un processo sul collo non si vive bene, sapevatelo

Veniamo alla situazione di oggi, per la quale dal Ministero spergiurano che non ci saranno conseguenze penali per i DS in caso di contagio, perché (riporto parole prese da più fonti – attendibili – in rete) “Il covid è equiparato a un incidente sul lavoro. Se il dirigente scolastico attua il protocollo sanitario allora non gli si deve imputare nulla”. Bene! Fantastico! Ottimo e abbondante! Vuoi vedere che questa volta le cose saranno diverse dal solito? Mah… mi sa di no.

A mero titolo di esempio, stralcio dal capitolo 1 del rapporto Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di SARS CoV 2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia, un paio di punti per l’attuazione del protocollo sanitario di cui sopra. Stralcio numero uno: “richiedere alle famiglie e agli operatori scolastici la comunicazione immediata al dirigente scolastico e al referente scolastico per COVID-19 nel caso in cui, rispettivamente, un alunno o un componente del personale risultassero contatti stretti di un caso confermato COVID-19″. Già. Con gente che si trincera dietro la privacy per non accendere la videocamera durante la DaD – e così, magari, dormire – o che rivendica il proprio diritto a non mettere la mascherina, sicuramente tutti forniranno queste informazioni in caso di problemi. Con l’ovvia conseguenza, in caso di positività, della creazione di un focolaio. Vi immaginate i giornali? “Alla scuola xyz il Covid sguazza!“. Stralcio numero due: “provvedere ad una adeguata comunicazione circa la necessità, per gli alunni e il personale scolastico, di rimanere presso il proprio domicilio, contattando il proprio pediatra di libera scelta o medico di famiglia, in caso di sintomatologia e/o temperatura corporea superiore a 37,5°C. Si riportano di seguito i sintomi più comuni di COVID-19 nei bambini: febbre, tosse, cefalea, sintomi gastrointestinali (nausea/vomito, diarrea), faringodinia, dispnea, mialgie, rinorrea/congestione nasale; sintomi più comuni nella popolazione generale: febbre, brividi, tosse, difficoltà respiratorie, perdita improvvisa dell’olfatto (anosmia) o diminuzione dell’olfatto (iposmia), perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia), rinorrea/congestione nasale, faringodinia, diarrea (ECDC, 31 luglio 2020);“. È da inizio pandemia che le comunicazioni in questo senso si susseguono. Il problema non è comunicare, ma far sì che la comunicazione sia letta e compresa. Senza nulla togliere al fatto che, in tempi non toccati dalla pandemia, almeno uno Studente o una Studentessa al giorno venivano a scuola con la febbre, per tacere di genitori che portavano alla suola dell’infanzia bambini con la febbre a trentanove, per poi non rispondere al telefono quando la Scuola li cercava per andarli a recuperare.

Fatti questi due esempi, un DS può impegnarsi quanto vuole a cercare di impedire i contagi, nel rispetto delle indicazioni che arrivano dall’alto e delle strutture nelle quali le Scuole si trovano a operare, ma ci sarà sempre qualcuno che, per garantire a se stesso il fatto di aver agito in piena libertà, metterà a repentaglio la salute altrui e – con un po’ di fortuna – l’immacolatezza delle altrui fedine penali.

Serve la collaborazione di tutte e di tutti, ciascuno per la propria parte. Quello che percepisco nell’aria, però, non mi fa ben sperare…

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